CHIRA ALEKSANDR
KORNILOVIČ (1897-1983) |
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vescovo greco-cattolico |
Aleksandr
Chira nasce il 17 gennaio 1897 nel villaggio di Vil’chovcy (Ucraina transcarpatica).
Nel 1915 entra nel seminario diocesano di Užgorod e negli anni 1916-1920
studia alla facoltà teologica dell’Università di Budapest, terminata la
quale il 19 dicembre 1920 viene ordinato sacerdote dal vescovo Anton Papp.
Dopo aver svolto il ministero sacerdotale come vicario in alcuni villaggi
della diocesi, dal 1924 insegna teologia nel seminario di Užgorod, dove
sarà in seguito padre spirituale e rettore. Nel 1944 è nominato vicario
generale della diocesi di Mukačevo dal vescovo Romža.
Nel 1944, con l’instaurarsi del potere sovietico in Transcarpazia, nella
diocesi greco-cattolica vi erano 281 parrocchie e 350 sacerdoti.
Il vescovo Tedor Romža, prevedendo la possibilità di essere fisicamente
allontanato dalla diocesi, consacra segretamente due vescovi ausiliari
che avrebbero dovuto sostituirlo in caso di arresto. Le consacrazioni
avvengono clandestinamente, per non attirare l’attenzione dei servizi
segreti. Aleksandr Chira viene consacrato vescovo il 19 dicembre 1944.
Il secondo vescovo è Nikolaj Muranija.
Dopo la morte di monsignor Romža, avvelenato il 1° novembre 1947, il vescovo
Aleksandr è arrestato il 10 febbraio 1949, in conformità con il piano
di eliminazione della Chiesa greco-cattolica. In quel periodo vengono
arrestati e condannati 93 sacerdoti greco-cattolici, la stragrande maggioranza
dei quali perirà nelle prigioni o nei lager.
Il 28 agosto 1949, festa della Dormizione della Madre di Dio (secondo
il calendario giuliano), al monastero di San Nicola nelle vicinanze di
Mukačevo viene firmato l’atto ufficiale del «passaggio» della chiesa greco-cattolica
alla Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca. Se ne fa promotore il
prete cattolico Kondratovič, membro del partito comunista ungherese. Il
documento viene firmato da meno della metà del clero transcarpatico. I
firmatari, poi, in gran parte si pentiranno e torneranno alla Chiesa greco-cattolica
catacombale, altri resteranno ufficialmente ortodossi, commemorando però
il papa durante la Divina Liturgia.
Dopo l’arresto, il vescovo Aleksandr Chira è trasferito dalla prigione
di Užgorod a quella di Kiev. Di questo periodo abbiamo la testimonianza
di Juchim Vol’f, un suo compagno di prigionia ebreo, in seguito liberato:
«Nella mia memoria padre Aleksandr resterà sempre come esempio di uomo
giusto, semplice, coraggioso, senza alcuno scalpore nel fare il bene in
questo mondo tenebroso. Non mi è nota la sua sorte. … In ogni modo vorrei
che la sua memoria potesse rimanere nel cuore di ogni uomo. Forse qualcuno
avrà modo di leggere questo mio scritto in Ucraina e mi auguro possa ricordare
questo coraggioso eroe sconosciuto, la cui vita merita di essere scritta
da qualcuno che possieda un talento letterario superiore alle mie limitate
capacità…».
L’atto di accusa contro il vescovo, formulato dalle autorità locali, non
soddisfa il potere centrale, che pretende sia aggiunta l’aggravante di
«alto tradimento». Non è difficile, per il giudice, inventare le prove,
ma il problema sta nel farle sottoscrivere al vescovo, per nulla disposto
a cedere di fronte a qualsiasi minaccia.
Il 6 agosto 1949 il vescovo Aleksandr Chira è condannato a 25 anni di
lager e alla confisca di tutti i beni. Dal 1949 al 1956, sconta la pena
nei lager di Tajšet, Kemerovo e Omsk, nella Siberia Occidentale. Viene
liberato, grazie all’amnistia generale, nel settembre 1956, e ritorna
in Transcarpazia dove, sempre clandestinamente, svolge opera pastorale
fra i credenti e riorganizza le strutture della Chiesa. Tuttavia, dopo
meno di un anno di relativa libertà, il vescovo viene nuovamente condannato
a 5 anni di lager, senza il diritto di ritornare in Ucraina. Dal gennaio
1957 lavora in un lager nelle vicinanze di Karaganda (Kazachstan).
Dopo la liberazione, dal 1962 il vescovo si stabilisce a Karaganda, dove
vivrà fino alla morte. Pur lavorando ufficialmente in un’impresa sovietica,
dirige segretamente la vita spirituale dei cattolici. Il periodo fra la
metà degli anni ‘50 e la fine degli anni ‘70, per la storia del cattolicesimo
in Kazachstan, può essere considerato un tempo in cui la Chiesa non aveva
una struttura amministrativa a tutti gli effetti. Con il formarsi della
Chiesa catacombale, la figura principale diventa quella del sacerdote,
che costituisce il centro di una Chiesa peculiare, illegale, ma viva e
in continuo movimento. Il sacerdote, appunto, inteso come dispensatore
di tutti i sacramenti della Chiesa.
Il servizio disinteressato dei sacerdoti al confino, che rischiano costantemente
la vita, porta in breve tempo i suoi frutti. Karaganda si trasforma in
un centro della fede cattolica: una fede, per il momento, illegale. Questa
è una delle cause principali che richiamano una nuova ondata di migrazione
cattolica, soprattutto tedesca, a Karaganda e nelle vicinanze, non solo
dal Kazachstan, ma da tutta l’Unione Sovietica. Ecco la testimonianza
di suor Klara Ritter: «Abbiamo vissuto per 15 anni al confino nel Nord
della Russia. Quando siamo stati liberati, mio padre era andato a chiedere
consiglio ai nostri parenti per sapere dove fosse meglio trasferirci.
Al suo ritorno ci aveva detto: “Ovunque si può vivere, ma a Karaganda
c’è la fede”. E noi abbiamo deciso di andare dove c’era la fede». Anche
padre Vladislav Bukovinskij annota: «Negli ultimi 15 anni i tedeschi hanno
invaso Karaganda. Naturalmente, sono venuti anche perché era più facile
trovar lavoro, ma soprattutto perché nella nostra città c’erano dei sacerdoti
cattolici».
Nel 1978 il vescovo Aleksandr riesce a registrare ufficialmente la comunità
cattolica per i fedeli di rito latino, in gran parte tedeschi deportati.
Il vescovo diventa il loro parroco fino al momento della sua morte. Nessuno
dei credenti sa che è vescovo, tutti lo chiamano padre Aleksandr. Il vescovo
ha un cuore grande, i fedeli lo chiamano «il prete d’oro». Assieme a un
sacerdote lituano, il gesuita Albinas Dumbljauskas, Chira riesce ad ottenere
il permesso per la costruzione ufficiale di una chiesa. Grazie allo zelo
dei fedeli, si riesce ad erigere una chiesa, capace di contenere più di
mille persone, nel giro di un solo anno. Tutta la comunità, dai più piccoli
ai più grandi, dai sani agli ammalati, prende parte all’opera.
Durante i suoi brevi soggiorni in Ucraina, il vescovo continua a dirigere
la sua diocesi catacombale greco-cattolica di Mukačevo, soprattutto ordinando
clandestinamente dei sacerdoti. Durante la sua permanenza in Kazachstan,
consacra vescovo il sacerdote galiziano padre Iosafat Fedoriv e gli affida
il compito di esarca per l’Asia Centrale. Il 24 agosto 1978 nel villaggio
Onkovcy, vicino a Užgorod, il vescovo Aleksandr consacra clandestinamente
Ivan Semidij, suo successore alla cattedra di Mukačevo.
Quando nel 1900 viene legalizzata ufficialmente la Chiesa greco-cattolica
e la diocesi di Mukačevo può abbandonare le catacombe, escono allo scoperto
60 sacerdoti clandestini.
Il vescovo Aleksandr Chira muore il 23 maggio 1983 a Karaganda ed è sepolto
accanto alla cattedrale latina. Viene riabilitato post mortem il 28 aprile
1989.
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